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Perché l’Italia si sta ritirando dall’iniziativa cinese Belt and Road?

Jun 17, 2023

Nel 2019, durante la visita del presidente cinese Xi Jinping a Roma, l'Italia ha scioccato gli Stati Uniti e l'Europa diventando il primo paese del Gruppo dei Sette (G7) ad aderire alla Belt and Road Initiative (BRI) cinese, la più grande impresa infrastrutturale globale mai realizzata. Come abbiamo dettagliato nel nostro rapporto della Task Force indipendente sulla BRI sponsorizzato dal CFR, sotto gli auspici di questa iniziativa, le banche e le aziende cinesi hanno finanziato e costruito di tutto, dalle centrali elettriche, ferrovie, autostrade e porti alle infrastrutture di telecomunicazioni, cavi in ​​fibra ottica e città intelligenti in tutto il mondo. Con il suo memorandum d’intesa quinquennale da rinnovare nel marzo 2024, l’Italia sembra pronta a ritirarsi dalla BRI, riflettendo le frustrazioni per le promesse non mantenute dell’iniziativa e la rivalutazione strategica della Cina da parte del Paese.

Non è difficile capire perché la BRI abbia attirato l’Italia. Dopo aver attraversato tre recessioni nell’arco di un decennio, l’Italia stava cercando di attrarre investimenti ed espandere l’accesso delle esportazioni italiane all’enorme mercato cinese. All’epoca, molti italiani si sentivano abbandonati dall’Europa, mentre il suo governo populista era scettico nei confronti dell’Unione Europea (UE) e più che disposto a rivolgersi alla Cina per soddisfare le proprie esigenze di investimento. L’Italia ha visto l’opportunità di sfruttare il proprio peso politico per aderire alla BRI nella speranza di battere altri paesi in termini di attenzione e investimenti cinesi.

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Xi aveva le sue ragioni per corteggiare l’Italia. Il Paese fungeva da importante capolinea lungo l’antica Via della Seta e l’inclusione dell’Italia nella BRI ha aiutato Xi a collegare la sua iniziativa di politica estera con un’epoca d’oro di prosperità e influenza cinese. Esistono anche legami duraturi tra i due paesi: l’Italia ospita la più grande popolazione cinese d’Europa, mentre i paesi condividono profondi legami commerciali nella produzione di tessuti, pelletteria e altro ancora. Mentre la Cina cercava di aumentare la propria influenza in Europa, creare un cuneo nell’UE e seminare divisioni tra Washington e Bruxelles, l’Italia appariva come un punto debole su cui poter fare pressione.

Divenne presto evidente, tuttavia, che la BRI non avrebbe soddisfatto le speranze e le aspettative italiane. Sotto gli auspici della BRI, l’Italia ha firmato numerosi accordi istituzionali con la Cina, che spaziano dalla doppia imposizione al riconoscimento di determinati requisiti sanitari per le esportazioni di carne suina, beni culturali e siti del patrimonio, fino ad accordi commerciali minori. Ma questi accordi non sono riusciti a cambiare radicalmente la traiettoria dei legami economici Italia-Cina. Da quando l’Italia ha aderito alla BRI, le sue esportazioni verso la Cina sono aumentate da 14,5 miliardi di euro a 18,5 miliardi di euro, mentre le esportazioni cinesi verso l’Italia sono cresciute in modo molto più drammatico, da 33,5 miliardi di euro a 50,9 miliardi di euro.

Gli investimenti cinesi nei paesi europei non-BRI hanno superato di gran lunga quelli in Italia, con gli investimenti diretti esteri cinesi in Italia scesi da 650 milioni di dollari nel 2019 a soli 33 milioni di dollari nel 2021. Un altro database riporta che la Cina ha investito 24 miliardi di dollari in Italia dal 2005, ma di questi, solo 1,83 miliardi di dollari sono stati realizzati in seguito alla decisione dell’Italia di aderire alla BRI. L’esperienza dell’Italia dimostra che l’adesione alla BRI non conferisce necessariamente uno status speciale a un Paese nei confronti della Cina né gli garantisce più scambi e investimenti con la Cina di quanto accadrebbe senza la BRI.

Quando è diventato chiaro che la BRI non sarebbe stata una panacea economica, il governo italiano ha iniziato a rivalutare se dovesse continuare ad aderirvi. Nell’ultimo anno, il primo ministro italiano Giorgia Meloni ha indicato che l’adesione alla BRI è stato un “grosso errore” che intendeva correggere ritirandosi dall’iniziativa. Meloni ha citato la mancanza di benefici maturati per l’Italia dopo l’adesione alla BRI, sottolineando che “l’Italia è l’unico membro del G7 che ha firmato il memorandum di adesione alla Via della Seta, ma non è il paese europeo o occidentale con le relazioni economiche più forti”. e i flussi commerciali con la Cina”. Più di recente, il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto ha definito la decisione dell’Italia di aderire alla BRI un “atto improvvisato e atroce”.